ARCHIVIO DEL TEMPO CHE PASSA
COMPIHOBBY


IL BORGO DE «I CALZOLAI»

A cura di Berlinghiero Buonarroti
(L'Oculista n° 9)

Era il 4 aprile del 1708 quando il curato di San Donato a Torri Gio Batta Bacherelli terminò di aggiornare lo "stato delle anime" della Parrocchia. Un lavoro fatto di gran lena perché appena 9 giorni dopo sarebbe stato molto impegnato nel seguire i lavori per la fabbricazione della casa parrocchiale che sarebbe stata la sua dimora e che gli avrebbe permesso, a partire dal 1923 e per 22 anni di seguire anche i lavori per "rifabbricare quasi tutta dai fondamenti la Chiesa di San Donato a Torri". Uno stemma in pietra sulla facciata della canonica ricorda il fatto storico. Giovan Battista Bacherelli abiterà nella canonica fino alla morte, avvenuta a 80 anni, nel 1763.
Lo "
stato delle anime" era un registro che aveva per scopo principale quello di descrivere se un cristiano avesse già ricevuto i sacramenti della cresima e della comunione. Ma poiché le anime abitano un corpo e il corpo abita una dimora talvolta venivano descritte anche il nome del podere o dell'attività del capofamiglia e del suo nucleo familiare. Il registro anticipava così l'attuale anagrafe.
Un nucleo di due case "
ai Calzolai", senza che il rione avesse assunto ancora questo nome, esisteva già nel 1708. Era di proprietà dei sigg. Guadagni, proprietari anche della Villa ora chiamata Le Falle. A questa casa con bottega gestita da Giovacchino Casini figlio di Giobatta, seguirà nel 1751 una seconda abitazione occupata da Francesco Sieni. Solo nel "libro delle anime" del 1758 compare il nome de "i Calzolai" per indicare un nucleo di tre appartamenti abitati dalla famiglia Sieni (Francesco, Caterina, Anna, Filippo e Maria Rosa); dalla famiglia di Jacopo Mannini con la moglie Maria Lisabetta e il figlio Giuseppe) e dalla famiglia di Giobatta Salucci.
Nei decenni successivi e comunque prima dell'800 abiteranno ai Calzolai, fra le altre, anche le famiglie di: Arcangelo Del Soldato e la moglie Prudenza; Pietro Macherelli; Gaetano Tanfani; Michele Cencetti; Filippo Pratesi detto "Battilano"; Teresia ved. di Filippo Degl'Innocenti; GioBatta Tarchiani; Gaetano Tanfani; Tommaso Andorlini; Gaspare Giovannini detto "il Belloni"; Angiolo Barcali e infine Giuseppe Fantappiè col soprannome di "Bulletta" che è tutto un programma e che lascia intendere il
"mestiero" del nostro.
Nell'anno 1800, quando la parrocchia di San Donato a Torri contava 386 anime residenti in 81 abitazioni, il rione de  "i Calzolai" era formato da 6 abitazioni.
Intanto nel popolo di Torri aumentavano le persone che svolgevano l'attività di calzolaio e ciabattino anche grazie ad una migliore qualità della vita che aveva via via accantonato gli zoccoli di legno a beneficio delle scarpe di vacchetta. Per preservare le scarpe dall'usura e farle bastare più a lungo i calzolai imbullettavano ai due estremi della scarpa due salvatacchi in ferro a forma di lunetta. Nel 1841 si contano ben 18 calzolai e ciabattini nel popolo di San Donato a Torri, ma curiosamente tutti avevano domicilio a Falle, ad Ellera o a Compiobbi e nessuno abitava ai "Calzolai" anche se probabilmente lì vi svolgevano l'attività. Questi i loro nomi: Luigi Agostini, Antonio Del Soldato, Luigi Giuseppe e Pietro Borghini, Vincenzo e Carlo Masieri, Paolo Lastrucci, Giuseppe e Giobatta Tanfani, Giulio Brunacci, Lorenzo e Luigi Alberti, Lorenzo Cozzi, e infine la famiglia di Luigi Casini con i figli Giobatta, Giuseppe e Guglielmo.
Mario Mannini in virtù dei suoi 91 anni, splendidamente portati, essendo nato nel 1909, ricorda lucidamente l'attività dei ciabattini nel periodo fra le due guerre. Il Mannini stesso, col soprannome di "Ciaba" a 10 anni ha imparato il mestiere da Emilio Nisi ad Ellera lavorando nella sua abitazione. Successivamente il Nisi si mise in società con Gino Degl'Innocenti mettendo su bottega ai Calzolai (oggi numero civico 288 di proprietà Trentanove). Allo stesso indirizzo, senza uno sporto ma con attività che si è svolta, dal 1928 al 1942, nell'abitazione di Dino Ferroni c'era un laboratorio artigiano di scarpe su misura e scarpe ortopediche. Al piano terreno c'era la bottega di Gino Degl'Innocenti, la più strutturata, a differenza dei vari "sgabuzzi" saltuari che si sono alternati ai Calzolai (Cecchino Fantappiè, "Cicala", Dario Vinci ecc.).

Vita di paese

Come si vede nella foto la bottega di Gino, oltre al fratello Giuseppe detto "Beppino di Rico" (il primo da sinistra), era frequentata dai vari bardotti (ragazzi di bottega che facevano il tirocinio e imparavano il mestiere) come Augusto Baggiani (al centro con alle spalle Fortunato Bacci detto Giocondo trasportatore e gestore del pallaio costruito dal padre "Gigiotto" sull'Arno allo "spacco del Sieni fin dal 1896) e apprendista era pure Ugo Andorlini detto "Cioci" (il terzo da sin. nella foto). Anche Otello Venturini ha lavorato "a bottega" da Gino Degl'Innocenti.

Le ragazze della foto, accorse per la foto ricordo portandosi appresso il ricamo, abitavano nei pressi, sempre ai Calzolai. Sono la sedicenne Rina Perini (a sinistra) e la diciassettenne Flora Mannini (a destra) sorella di Duilio, Luciano e Aldo. La foto scattata il 26 settembre 1921, gentilmente messa a disposizione sia da Raissa Trentanove che da Carmela Degl'Innocenti mostra una caratteristica dei ciabattini: quella del lavoro davanti alla bottega, col trasporto del deschetto all'aperto per avere una migliore visibilità. Questo banchetto da lavoro tipico dei calzolai era chiamato anche "bischetto" e serviva per l'appoggio degli strumenti da lavoro come il trincetto, le lesine, le lime, i chiodi, i martelli, le pinze e tutta una serie di strumenti dai nomi fantasiosi come le lisse, il bussetto, la madre, il tirasuole, l'acciaino, l'allungo, il bisegolo, il broccaio, il brunitoio, il lustrino, il marmotto e l'orbello.
Ad Ellera era calzolaio anche "Betto" Martinelli e, con bottega alle scalette di fronte al negozio di alimentari del Galanti, c'era Daniele Del Soldato che aveva la particolarità di lavorare con due paia d'occhiali sovrapposti.
A Compiobbi ha avuto attività di calzolaio Gino Cencetti figlio di "Lanterna" dal quale ha ereditato il mestiere. Dal secondo dopoguerra al 1961 ha riparato scarpe ai Compiobbesi nello stanzino che si trovava in via Sambre dove ora sono depositati la rena e i laterizi di Osvaldo.
A differenza degli altri calzolai del paese, che riparavano le scarpe, occorre ricordare la calzoleria di Nello Fantappiè che, oltre a ripararle, fabbricava anche le calzature di sana pianta e su misura. Già attivi nel maggio 1918, come testimonia una fotografia con quella data, i Fantappiè avevano la bottega artigiana posta fra la macelleria di Ettore Buonarroti e la merceria del Solli. L'attività ha visto come valenti lavoratori i familiari Cosimo ed Oreste Fantappiè oltre che Beppino e Gino Degl'Innocenti, e poi Otello Venturini, Ezio Crescioli, Tarchiani, ecc. ed ha tramandato il mestiere fino ad Alvaro Fantappiè nella stanzetta al piano terreno del "Casone" sull'Aretina.

Gli strumenti del
CIABATTINO