ARCHIVIO DEL TEMPO CHE PASSA
COMPIHOBBY


FINCHÉ LA BARCA  VA…
A cura di Berlinghiero Buonarroti
(L'Oculista n° 20)

Nave

Anche se il ponte più amato dagli italiani è quello a cavallo fra due giorni festivi, il ponte ha un'utile funzione di collegamento, oltre che materiale, anche spirituale. Se non esistessero i ponti non potremmo mai dire il motto: "ne è passata di acqua sotto i ponti!".  Quindi "gettare un ponte" non vuol dire "scaraventarlo via" ma piuttosto "pontificare", cioè creare una relazione fra due condizioni. Come dal dentista: con un apparecchio di protesi che si appoggia su due denti sani, si sostituisce uno o più denti mancanti.
Storicamente, si sa, sono i fiumi a creare i confini di un territorio, le divisioni fra due "popoli", la separazione fra due nazioni. Il ponte è il mezzo classico per collegare due situazioni divise dall'alveo di un fiume. Quando non è possibile concedersi il lusso di un ponte, si può sopperire con passerelle o barche. L'unica alternativa al ponte sarebbe quella di guadare il fiume, ma è una pratica piuttosto scomoda e soprattutto umida. Lo sanno bene i 2600 cavalieri e i 12.000 fanti guelfi, fra cui un certo
Dante Alighieri, che il 2 giugno 1289, dalla Badia di Ripoli dove erano convenuti, attraversarono a guado l'Arno, poco profondo, all'altezza di Rovezzano, per dirigersi, dopo una camminata di 8 giorni, verso Campaldino, in Casentino, per sconfiggere le truppe dei ghibellini d'Arezzo.
Dell'utilità dei ponti ce ne accorgiamo solo quando non ci sono più. Finché stanno in piedi e sono funzionanti sono invisibili ai nostri occhi, come i fantasmi.
Durante l'ultima guerra mondiale, nel 1944, abbiamo avuto l'occasione di constatare quanto fosse scomodo scendere nel letto del fiume
Sambre, per mezzo di una ripida scarpata, per poi risalire sulla strada per l'altrettanto ripida ascesa. Il ponte sull'Aretina era stato minato dai tedeschi in ritirata e l'unico modo per andare da Compiobbi a Quintole o viceversa era quello di passare sulle macerie del ponte. Ed è proprio questo ponte di Compiobbi il padre putativo del nostro paese, che ha annullato i confini fra i due "popoli fratelli-serpenti": il popolo di san Donato a Torri, di qua dalla piazza, e quello di S. Pietro a Quintole, al di là.
Nei 7 chilometri che vanno da Girone a Sieci, oggi non esiste alcun collegamento fra le due sponde dell'Arno.Il fiume è una vera e propria barriera divisoria fra le varie comunità. Per aggirarla occorre andare al ponte di Rosano o a Firenze al ponte di Varlungo.
In passato, invece, numerosi erano i collegamenti fra la riva destra e la riva sinistra dell'Arno.
A
Girone, sorgeva fin dall'antichità, il famoso Ponte dei Fiesolani. Ponte romano costruito probabilmente in età imperiale, probabilmente verso il 123 dopo Cristo. Era situato dopo il "curvone " che l'Arno disegna al Girone proprio al confine fra i comuni di Fiesole e Firenze. Collegava il diverticolo della Cassia Vetus, oggi chiamata Via Aretina, con la deviazione della Cassia cosiddetta Adrianea, al di là dell'Arno, unendo così il "popolo" di Girone con quello di Candeli. Era già in rovina quando il cronachista Giovanni Villani agli inizi del sec. XIV ne trasmette la memoria nel suo manoscritto Cronica.
Il resto di una pila del Ponte dei Fiesolani la si vede ancor oggi, circondata dalle acque, con la testa di fuori che fa capolino come per chiamare aiuto. "Dov'esso si trovava lo può vedere ognun da sé
", basta affacciarsi al finestrino della Sita quando si va o si torna da Firenze, e guardare giù in Arno quando si arriva alla deviazione della strada che porta alle Gualchiere¸ dove una volta c'era una discarica di ferracci e di vecchie carcasse d'auto. E se ciò non bastasse, sulla stessa linea del pilastro, vicino alla riva destra, si può vedere l'attacco del ponte, crollato piuttosto che alluvionato, che si sdraia in Arno, inabissandosi e perdendosi alla vista pochi metri dopo.
Ad
Anchetta , da tempo immemorabile, c'era il passo della "nave", un barcone robusto che svolgeva servizio di traghetto per "comodo" di genti, cose e bestie. Nel 1497 la nave, già di proprietà di Lorenzo di Jacopo di Bartolomeo da Girone, fu comprata dall'Ospedale di Santa Maria Nuova. Nel 1564 l'Ospedale stesso affittò "una casa con un passo di nave sul fiume d'Arno" a Bartolomeo di Simoni di Giusto, gualcheraio di Quintole, che pagava ogni anno lire 9 e due paia di capponi. Come si vede, cinque secoli fa, non si disdegnava associare al fitto in denaro anche una "giunta" in natura. Questa giunta, una volta regolata da contratto, ai giorni d'oggi diventerebbe, senza tanti scrupoli, la "parte in nero".
L'ospedale di S. Maria Nuova ne fu proprietario fino al 1782, quando la vendette a un sacerdote, l'abate Vincenzo Martini, per la somma di 1601 ducati fiorentini. L'ultimo navalestro, antico termine che una volta indicava il navighiere, è stato Guido Bartoloni. Nel 1949 mandò in pensione il grosso barcone e il barchetto ausiliario chiamato "Napoleone" per inaugurare il "ponte sospeso dell'Anchetta" con funzione di traghetto. La passerella, in due anni di duro lavoro, fu interamente costruita dalle mani di un uomo solo, quelle dello stesso Bartoloni.. A causa della morte avvenuta nel 1952, "l'uomo del ponte" godette solo parzialmente i frutti della sua straordinaria intuizione. Il ponte fu poi spazzato via dall'alluvione del 1966.
La nave dell'Anchetta ha anche avuto l'onore di traghettare
Gabriele D'Annunzio. Lo ricorda lo stesso "vate", in una lettera scritta ad un amico malato e dove parla anche di Girone.
Fin dal 1581 esisteva a
Compiobbi un passo della una nave, in località detta "al Canapo", dal nome della grossa fune di canapa e in tempi più recenti d'acciaio, che permetteva di "tenere in riga" il barcone che fungeva da traghetto. E' descritta nelle mappe che i capitani di parte guelfa, addetti al controllo dei ponti e strade, disegnarono alla fine del XVI secolo, indicandola come "Porto della Nave".
La "Nave," è stata un mezzo indispensabile, nel tempo, per trasbordare al di là dell'Arno macchine a vapore per battere il grano, levatrici e dottori per cure urgenti, bande musicali e mandolinistiche per andare a suonare a Villamagna ecc. Nel 1940, condotta da Leoniero Corsi, la Nave è servita perfino ad una compagnia di giovanottacci compiobbesi per recarsi alle Case, avendo sentito dire che là si poteva trovare il ricercato "pane bianco", senza giunta di farina gialla.
L'annuario del 1925 del Touring Club ci informa che il costo del pedaggio per le biciclette era 30 centesimi, quattro soldi (pari a 20 cent.) per i pedoni e una lira e 50 per le auto e motocicli.
La nave fu travolta dall'alluvione del 1966, nonostante fosse stata tirata a riva per precauzione, ma il servizio di traghetto è continuato fino al 1980, assicurato da Paris Santini, con un "nuovo" vecchio barcone, simile al precedente, fatto venire da Rovezzano e naturalmente arrivato al Canapo per via terra, onde smentire la pretesa dabbenaggine dei compiobbesi che avrebbero cercato, ai tempi dei tempi, una "nave" portata via da una piena nientemeno che alle Sieci piuttosto che verso Firenze.
Un servizio di traghetto intermedio è stato assicurato dalla barca di Aristide Galli detto "Pallucce" e da sua figlia Marisa fino alla fine degli anni '70 al costo di 100 lire a persona.
Fuori dal territorio del comune di Fiesole nel tratto Firenze-Pontassieve sono da ricordare, nei tempi andati, anche altri passi di nave:
La "Nave al Moro" di
Ricorboli, nei pressi dell'attuale acquedotto dell'Anconella, che sostituì nel '400 l'antico guado utilizzato, anche da Arrig o VII, nel 1312, per accamparsi a S. Salvi in attesa di assediare Firenze guelfa.
Il passo della Nave a
Rovezzano che viene segnalato come "casino della Nave a Rovezzano" nelle carte dei capitani di parte Guelfa nel 1570 e che sarà in attività fino al novembre del 1979, quando la nave andò in pensione per anzianità.
Infine la cosiddetta
Nave ai Martelli poco prima dell'abitato delle Sieci, nominata in un atto di divisione fra vari componenti della famiglia Albizi nel 1376. Era costituita da una casupola in cui dimoravano i navalestri che conducevano la nave che portava alle gualchiere di Remole, poste proprio di fronte sulla riva sinistra dell'Arno. Detta nave serviva specialmente per l'attività dei gualchierai stessi che, per tale ragione, erano esenti dal pagamento del pedaggio.

Arno

Progetto per un ponte a ricordo della Nave del Canapo di Compiobbi, in un acquerello di Berlinghiero.

A differenza di quanti molti credono, la nave di Compiobbi non ha smesso il servizio con l'alluvione del 1966. Una nuova nave è stata attiva fino al 1980, come si può vedere dalla foto cortesemente messa a disposizione da Gaudenzina Sieni.