ARCHIVIO DEL TEMPO CHE PASSA
COMPIHOBBY

LE MULINA NUOVE DI ELLERA: UN ESEMPIO DI ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE ANCORA FUNZIONANTE
A cura di Berlinghiero Buonarroti
(Depliant «Là dove Fiesole si specchia in Arno.  Girone, Compiobbi,Ellera)

Mestieri

Le Mulina Nuove, ad Ellera, con l'adiacente antica "Pescaia del Nannoni", nome che gli deriva da Domenico di Francesco Nannoni affittuario del mulino a due palmenti di proprietà del Barone Luigi del Nero .
Adiacente al mulino c'è un bel portale con lunetta a sesto acuto, con mattoni a vista, che comprende un dipinto del 1904 raffigurante una Madonna, firmato Aldo Lambardi, che nello stesso periodo ha restaurato il pregevole affresco di una Madonna Assunta in cielo, attribuito da alcuni storici alla scuola di Andrea del Castagno (XV sec.), che si trova nel tabernacolo posto sulla via Aretina al centro del borgo di Ellera.

Le cosiddette Mulina Nuove di Ellera in una composizione fotografica con le
attrezzature per la macinazione del
grano ancora attive a scopo didattico
in una cartolina illustrata
edita dalla BTO Casalinghi.

Le Mulina Nuove si trovano nel borgo di Ellera. L'attività del mulino è cessata a causa della disastrosa alluvione del 4 novembre 1966 quando i gestori erano i Fantappiè. Attualmente Lucia e Eugenio Fantappiè, coadiuvati dalla passione di Marco Castaldi, mantenendo tutte le vecchie attrezzature, hanno trasformato il mulino in museo e ne sono i ciceroni, persino per la dimostrazione pratica della macinatura del grano, ottenuta con la sola forza idraulica delle acque dell'Arno. Infatti il mulino utilizza l'acqua del fiume attingendola dall'adiacente gora anticamente detta «del Nannoni» dal nome di Domenico Francesco Nannoni, affittuario alla fine del '500, quando la proprietà del mulino era del barone Luigi del Nero detto semplicemente « il Nero», in barba ai suoi titoli nobiliari.

Ma la più antica traccia del mulino di Ellera risale al
1350. Nell'Estimo della repubblica fiorentina di quell'anno e precisamente nei «Libri di campagna del quartiere di s. Giovanni», quartiere a cui apparteneva il popolo di «Sancti Donati de Turri plebatus Remuli», si legge che in quell'anno il popolo di Torri contava solo 30 «fuochi» (nel senso che in ogni famiglia c'era un focolare). Una delle quali aveva come capofamiglia Ninna Molendinari, probabilmente vedova, che pagava una decima di 17 soldi. Molendinarius in latino, la lingua ancora in uso in quei tempi, era un aggettivo che significava «di mulino», e poiché i cognomi allora erano una specificazione del mestiere esercitato, significa che la nostra Ninna faceva il mestiere di mugnaio ed il suo cognome era uguale al suo mestiere. Oggi si sarebbe chiamata Ninna Macinai o  Mugnai.

In un documento del
1588, che si trova nell'Archivio parrocchiale di san Donato a Torri, si dice che in quell'anno già «esiste una pescaia, la quale comincia dal mulino, e va secondo il filo dell'acqua al in su per lo spazio di 336 braccia e più, e poi quando è quasi al mezzo dell'Arno volta e taglia quasi in perfetta squadra per lo spazio di 140 braccia che in tutta fa la somma di braccia 486». Da notare che il braccio equivaleva a circa mezzo metro.

Il mulino nel 1561 era di proprietà di madonna Maddalena, vedova di Alessandro da Diacceto, che lo vendette per 240 scudi ad Agostino di Piero del Nero, come si può vedere dal documento che pubblichiamo, che si trova nell'archivio della Chiesa di Torri e dove il mulino è descritto «a due palmenti». Col termine «palmento» s'intende sia un'impianto di macchine per macinare, sia la macina in pietra di un mulino ad acqua, sia la cassa dove cade la farina che esce dalle macine. Ancor oggi, nel parlare comune si dice, «mangiare a 4 palmenti» quando si vuol descrivere il masticare ingordo; dove per palmenti s'intende i denti stessi che simulano la funzione della macina.

Le pale che ancora oggi fanno girare il mulino di Ellera
utilizzando la sola forza motricedelle acque dell'Arno.

Nel libro dei morti che si trova nella chiesa di san Donato a Torri, alla data del 30 marzo 1581 si legge che in quella data «si soterò Giovanni Fantini mugniaio alle Mulina Nuove alelera». Segno che all'Ellera in precedenza c'erano delle «mulina vecchie», probabilmente quattrocentesche come indicherebbe la base di una torre quadrata costruita per il controllo dei percorsi e del fiume.

I Del Nero ne furono i proprietari per tutto il '700 anche se non ne curarono la gestione, preferendo affittare a vari mugnai, come nel 1708, quando troviamo Domenico Nannoni, proveniente dalla stessa famiglia che 200 anni prima aveva legato il proprio nome al mulino e alla gora. Nel 1788 è affittuario Giuseppe di Danielle di Lorenzo Lastrucci il quale, come risulta nel Catasto Lorenese del 3 dicembre 1801, 3 anni dopo acquista l'attività del mulino a due palmenti con sua pescaia, da Cerbone di Luigi Maria del Nero per scudi 2300. Insieme al mulino è compresa una casa da mugnaio e «un recinto di terre lavorative, vitate, gelsate e fruttate di stiora 2».
Pochi anni dopo il Lastrucci  preferisce affittare a vari gestori o ad inquilini come Luigi Benozzi che, nel 1807, svolge l'attività di «fabbro di bullette» nei locali attigui.

Il 16 dicembre 1820 i figli del Lastrucci vendono il Mulino Nuovo per 1676 scudi, quindi si potrebbe dire che «il capitale straniero» sbarca nel borgo di Ellera, nella persona di Stefano Richard. «Religione protestante», annota subito, allarmato, il prete di Torri nel «libro delle anime», vale a dire nel registro che veniva compilato in occasione della visita annuale per l'acqua benedetta.
Nel 1839 il mulino passa in affitto ad Eugenio Rambaud, finché, nel 1851, il «patronato» passa a Giovanni Wital, residente a S. Andrea a Rovezzano. Nel 1895, finalmente, il mulino di Ellera viene acquistato dalla famiglia Fantappiè, che ne è tuttora proprietaria.

Nel 1935 il mulino è a tre palmenti, gestito da Eugenio Fantappiè, ha un buratto mosso dalla forza idraulica (16 Hp) e ha una produzione media giornaliera di 10 qli.